OMELIA DI MONS. CORRADO PIZZIOLO IN OCCASIONE DELLA VEGLIA DI PREGHIERA IN PREPARAZIONE AL PELLEGRINAGGIO AD ASSISI
Un «pellegrinaggio spirituale nell’esperienza di Francesco»: è questo che siamo invitati a fare questa sera in questa veglia di preghiera in preparazione al pellegrinaggio che le diocesi del veneto faranno il 3 e 4 ottobre ad Assisi per offrire l’olio per la lampada votiva in onore di S.Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia.
Un pellegrinaggio spirituale che ci porti a contemplare e, più ancora, a far nostri alcuni atteggiamenti spirituali di questo grande Santo.
1. La prima cosa da mettere in luce per comprendere la figura di Francesco è il suo desiderio di conformarsi in tutto al Signore Gesù. Non è stato un desiderio vuoto: davvero in tutta la sua vita egli ha configurato la sua esistenza a quella di Gesù, prendendo alla lettera (“sine glossa”, cioè senza commenti) il vangelo e il modo di vivere di Gesù.
La preghiera iniziale di questa veglia ce lo ricorda: «O Dio, che in S. Francesco, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa una viva immagine del Cristo…».
E’ stata anche la convinzione di quanti lo hanno conosciuto: Francesco ha offerto, più di chiunque altro, una viva immagine di Gesù. E questa – possiamo veramente dirlo - è stata (ed è) la ragione del fascino tutto particolare che Francesco ha esercitato e continua ad esercitare su quanti incontrano la sua figura.
Una prima indicazione, quindi, ci viene dal nostro “pellegrinaggio spirituale”: il segreto della santità di Francesco (ma anche il segreto della santità a cui ogni battezzato è chiamato) non è quello di fare cose strane o miracoli straordinari, ma quello di conoscere, amare, imitare Gesù: avere i suoi stessi sentimenti e vivere come lui.
2. Se poi ci chiediamo che cosa Francesco ha capito di Gesù, che cosa ha vissuto di lui, possiamo rispondere con una frase che abbiamo letto poco fa, nella lettera dei Vescovi del Veneto: «Il centro del messaggio di Francesco è l’annuncio gioioso della paternità di Dio nella quale tutti gli uomini e le creature si riconoscono fratelli e imparano a tessere relazione nuove, redente, cariche di comunione e di speranza».
Se ci pensiamo, questo è anche il centro del messaggio di Gesù. E’ il suo “vangelo”, il suo lieto messaggio: la paternità di Dio, da cui nasce una nuova relazione con lui, tra noi, con le altre creature.
E come fu per Gesù, così anche per Francesco l’esperienza della paternità di Dio lo portò a gesti di amore fraterno caratterizzati dalla più grande libertà: così libero da se stesso e dalla preoccupazione di salvare la sua vita, che si mostra capace di donare tutte le sue cose e tutto se stesso ai fratelli, specialmente ai più poveri (cf. la scena emblematica del bacio al lebbroso).
Ecco la seconda tappa del nostro pellegrinaggio spirituale nell’esperienza di Francesco: contemplare e fare nostra la sua meravigliosa libertà interiore; una libertà che nasce – come quella di Gesù – dalla sua relazione filiale con Dio Padre e gli consente di vivere libero da paure e da egoismi, e di “farsi prossimo” a chi è nel bisogno senza timore di sporcarsi le mani o di perdere il proprio tempo o di compromettere la propria immagine.
3. Un terzo atteggiamento spirituale possiamo ancora cogliere: «Francesco, - gli dice Gesù crocifisso chiamandolo per nome - va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».
E Francesco ascolta e obbedisce. Dapprima è convinto che si tratti della chiesetta di S. Damiano. Soltanto dopo si rende conto che Gesù gli ha indicato di riparare la sua “famiglia”: la famiglia dei battezzati, che è la comunità cristiana: la Chiesa.
E’ assai significativo tuttavia il gesto con cui Francesco comincia l’opera: provvedendo una lampada e l'olio. Certo erano cose che servivano per la chiesetta di S. Damiano, ma, più ancora, sono simbolo di qualcosa che serve anche alla vita del singolo cristiano e dell’intera Chiesa: la lampada è simbolo della fede (lampada che illumina il cammino… lampada che consente di orientarsi nel buio della vita e di andare incontro a Gesù che viene). L’olio è simbolo di ciò che alimenta la lampada della fede (la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio, la vita sacramentale…). Cf. la parabola delle 10 vergini in Mt 25.
Ecco allora la terza tappa del nostro pellegrinaggio spirituale: anche noi - come Francesco - dobbiamo sentirci chiamati a non guardare soltanto alla nostra personale situazione, ma a sentirci responsabili dell’intera comunità cristiana, dell’intera comunità ecclesiale (= le nostre parrocchie, la nostra diocesi, la chiesa intera). Sentircene responsabili per riparare quella casa che è la nostra Chiesa e per farla crescere nella fede, nella speranza e nell’amore, affinché sia davvero segno e strumento di speranza e di salvezza per tutti gli uomini.
In questo modo, anche il gesto di portare ad Assisi l’olio per la lampada, acquista il valore di un impegno: quello di dare il nostro contributo di cristiani del Veneto per la nostra Chiesa veneta e per la Chiesa che è in Italia… sostenuti dalla intercessione del patrono della nostra Patria, S. Francesco di Assisi.
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Un pellegrinaggio spirituale che ci porti a contemplare e, più ancora, a far nostri alcuni atteggiamenti spirituali di questo grande Santo.
1. La prima cosa da mettere in luce per comprendere la figura di Francesco è il suo desiderio di conformarsi in tutto al Signore Gesù. Non è stato un desiderio vuoto: davvero in tutta la sua vita egli ha configurato la sua esistenza a quella di Gesù, prendendo alla lettera (“sine glossa”, cioè senza commenti) il vangelo e il modo di vivere di Gesù.
La preghiera iniziale di questa veglia ce lo ricorda: «O Dio, che in S. Francesco, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa una viva immagine del Cristo…».
E’ stata anche la convinzione di quanti lo hanno conosciuto: Francesco ha offerto, più di chiunque altro, una viva immagine di Gesù. E questa – possiamo veramente dirlo - è stata (ed è) la ragione del fascino tutto particolare che Francesco ha esercitato e continua ad esercitare su quanti incontrano la sua figura.
Una prima indicazione, quindi, ci viene dal nostro “pellegrinaggio spirituale”: il segreto della santità di Francesco (ma anche il segreto della santità a cui ogni battezzato è chiamato) non è quello di fare cose strane o miracoli straordinari, ma quello di conoscere, amare, imitare Gesù: avere i suoi stessi sentimenti e vivere come lui.
2. Se poi ci chiediamo che cosa Francesco ha capito di Gesù, che cosa ha vissuto di lui, possiamo rispondere con una frase che abbiamo letto poco fa, nella lettera dei Vescovi del Veneto: «Il centro del messaggio di Francesco è l’annuncio gioioso della paternità di Dio nella quale tutti gli uomini e le creature si riconoscono fratelli e imparano a tessere relazione nuove, redente, cariche di comunione e di speranza».
Se ci pensiamo, questo è anche il centro del messaggio di Gesù. E’ il suo “vangelo”, il suo lieto messaggio: la paternità di Dio, da cui nasce una nuova relazione con lui, tra noi, con le altre creature.
E come fu per Gesù, così anche per Francesco l’esperienza della paternità di Dio lo portò a gesti di amore fraterno caratterizzati dalla più grande libertà: così libero da se stesso e dalla preoccupazione di salvare la sua vita, che si mostra capace di donare tutte le sue cose e tutto se stesso ai fratelli, specialmente ai più poveri (cf. la scena emblematica del bacio al lebbroso).
Ecco la seconda tappa del nostro pellegrinaggio spirituale nell’esperienza di Francesco: contemplare e fare nostra la sua meravigliosa libertà interiore; una libertà che nasce – come quella di Gesù – dalla sua relazione filiale con Dio Padre e gli consente di vivere libero da paure e da egoismi, e di “farsi prossimo” a chi è nel bisogno senza timore di sporcarsi le mani o di perdere il proprio tempo o di compromettere la propria immagine.
3. Un terzo atteggiamento spirituale possiamo ancora cogliere: «Francesco, - gli dice Gesù crocifisso chiamandolo per nome - va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».
E Francesco ascolta e obbedisce. Dapprima è convinto che si tratti della chiesetta di S. Damiano. Soltanto dopo si rende conto che Gesù gli ha indicato di riparare la sua “famiglia”: la famiglia dei battezzati, che è la comunità cristiana: la Chiesa.
E’ assai significativo tuttavia il gesto con cui Francesco comincia l’opera: provvedendo una lampada e l'olio. Certo erano cose che servivano per la chiesetta di S. Damiano, ma, più ancora, sono simbolo di qualcosa che serve anche alla vita del singolo cristiano e dell’intera Chiesa: la lampada è simbolo della fede (lampada che illumina il cammino… lampada che consente di orientarsi nel buio della vita e di andare incontro a Gesù che viene). L’olio è simbolo di ciò che alimenta la lampada della fede (la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio, la vita sacramentale…). Cf. la parabola delle 10 vergini in Mt 25.
Ecco allora la terza tappa del nostro pellegrinaggio spirituale: anche noi - come Francesco - dobbiamo sentirci chiamati a non guardare soltanto alla nostra personale situazione, ma a sentirci responsabili dell’intera comunità cristiana, dell’intera comunità ecclesiale (= le nostre parrocchie, la nostra diocesi, la chiesa intera). Sentircene responsabili per riparare quella casa che è la nostra Chiesa e per farla crescere nella fede, nella speranza e nell’amore, affinché sia davvero segno e strumento di speranza e di salvezza per tutti gli uomini.
In questo modo, anche il gesto di portare ad Assisi l’olio per la lampada, acquista il valore di un impegno: quello di dare il nostro contributo di cristiani del Veneto per la nostra Chiesa veneta e per la Chiesa che è in Italia… sostenuti dalla intercessione del patrono della nostra Patria, S. Francesco di Assisi.
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